• DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI – Libero pensiero

    Due o tre cosette sull’Argentina e sui media italiani.

    Da qualche giorno circola in rete (e sulla stampa mainstream) una enorme eccitazione sull’Argentina e sul suo immediato destino economico. Andrà in default di nuovo? E’ vero che sta per saltare il sistema? Tutta questa improvvisa fibrillazione è relativa a un debito del governo argentino che si riferisce a eventi avvenuti nel 2003 dovuti alla denuncia di un fondo d’investimenti che non ha riconosciuto le modalità di restituzione argentine.

    Nella foto: Una donna cammina in una starda di Buenos Aires. La foto è stata scatta il 18 maggio 2102 (Associated Press/Natacha Pisarenko)

    Ma perché in Italia se la prendono tanto per un debito (minimo, davvero minimo, di cifra irrilevante) acceso da un lontano paese sudamericano, circa dieci anni fa? Una nazione che non fa parte dell’euro, i cui problemi non possono avere nessun impatto né tecnico né economico con la nostra situazione? A questo bisogna aggiungere l’enorme diffusione in Italia, sia sulla stampa ufficiale di regime che sui siti on line,  delle notizie sulle  manifestazioni popolari contro il governo in carica, descrivendo l’Argentina come un paese che sta di nuovo sull’orlo del collasso economico..

    Chi segue questo blog ricorderà il post nel quale raccontavo una storia, che allora avevo  definito “la guerra tra le due Cristine”, annunciando lo scontro di fine novembre che avrebbe raggiunto la sua punta massima a metà dicembre, visto che il Fondo Monetario Internazionale aveva dato al paese sudamericano la scadenza del 17 dicembre come ultima data per mettersi in linea con i parametri richiesti dai creditori istituzionali.
    E, negli ultimi giorni, così, all’improvviso, dovunque si è parlato dell’Argentina e diverse persone si sono rivolte a me chiedendo la mia opinione.
    Da cui il motivo di questo post.
    “False flag”.

    E’ un termine inglese che letteralmente vuol dire “falsa bandiera”, ma che nell’usuale linguaggio della comunicazione sta a indicare, piuttosto,  quella che io chiamo “arma di distrazione di massa”. Tutto questa eccitazione sui problemi economici dell’Argentina sono, per l’appunto, a mio parere, una “falsa bandiera”.

    E’ il risultato di questa bulimìa ossessiva, fortemente voluta dagli oligarchi bocconiani, nell’imporre alla gente l’obbligo di parlare continuamente e costantemente di economia e di monete e di teorie, cercando di sottrarre il dibattito (riuscendoci in pieno) alla Politica, al confronto/scontro tra due interpretazioni del mondo, del mercato, dell’economia e della società che sono opposte e antagoniste. In Argentina è accaduto qualcosa negli ultimi giorni. Sì, è vero. Ma non ha nulla a che vedere con ciò di cui tutti parlano. Sì, laggiù, qualcosa è accaduto. E anche di molto grosso. E sta accadendo proprio in queste ore. Ma non riguarda quel debituccio, non riguarda i soldi nudi e crudi, non riguarda provvedimenti di ragioneria economica e di contabilità fiscale.

    Riguarda l’economia, questo sì. Ma viene dal mondo della Politica intesa nella sua forma più pura e migliore. E sta avendo un impatto poderoso non soltanto in tutto il Sudamerica, ma anche e soprattutto in Usa dove, non appena è arrivata la notizia, i repubblicani si sono subito scontrati con Obama e hanno interrotto la trattativa sulle manovre economiche rimandando il prossimo incontro di qualche giorno. Ma di tutto ciò, in Italia neppure una parola, neppure un rigo, neppure un accenno, che io sappia.

    Non è certo casuale.

    Di che si tratta, quindi?

    Si tratta dell’approvazione di una Legge dello stato che il senato della repubblica argentina ha votato in maggioranza (voto trasversale) in data 28 novembre 2012 con 43 voti a favore e 19 contrari, diventando “immediatamente operativa con applicazione retroattiva al 1 settembre”. Hanno tecnicamente 30 giorni per renderla applicabile. E la Legge parla molto chiaro: definisce “illegale e immorale” qualunque forma di speculazione finanziaria sui mercati internazionali basata sui derivati; abolisce la possibilità tecnica delle speculazioni finanziarie in borsa perché sottrae a tutte le banche, a tutte le istituzioni finanziarie operanti nel territorio nazionale, la propria autonomia sul mercato. Dal 30 novembre del 2012, il parlamento e il governo argentino si riappropriano della propria economia che individua “legalmente” nella finanza “il braccio operativo dell’economia di cui deve essere subalterna” e impone alla finanza di essere sottoposta al totale controllo dello stato centrale in ogni sua attività.

    Così titolava La Naciòn, il più importante quotidiano argentino (moderato conservatore) nel dare la notizia che in Italia non mi pare sia stata né diffusa né diramata.

    LA CAMARA DE SENADORES CONVIRTIO EN LEY LA REFORMA DE LA REGULACION DEL MERCADO DE CAPITALES

    Estado con más poder para proteger el ahorro

    Da oggi lo Stato si fa garante presso i cittadini, di cautelare i risparmi personali ma si fa soprattutto garante del fatto che le imprese, le società, le industrie, le finanziarie internazionali operanti in Argentina intervengano in borsa e sui mercati dei capitali “con l’unico ed esclusivo intento di trarre profitto da un’attività che però deve avere immediatamente, come riflesso economico, l’apertura di crediti agevolati alle medie e piccole imprese, l’allargamento degli investimenti in industrie nazionali e l’assunzione di nuovo personale per andare all’attacco della disoccupazione giovanile che il governo considera la priorità assoluta in campo politico, economico, sociale”.

    Questo è avvenuto.

    Per la prima volta in questo nuovo millennio, una nazione capitalista occidentale si assume la responsabilità politica (fotografate per bene questa parola) di imbavagliare la finanza, di metterle le briglia sul collo e di fondare il principio, basato sull’applicazione dello Stato di Diritto, che identifica nello stato centrale, nel governo e nel parlamento, l’arbitro e il garante dell’economia;  il vero padrone della finanza non è più il “mercato libero” (l’idea di Zingales, Giannino, Monti, Passera, Draghi, ecc.) bensì il governatore della banca centrale insieme al ministro dell’economia, dell’industria e dello sviluppo. “O la finanza capisce che i soldi servono per sviluppare l’economia allargando il mercato del lavoro, gli investimenti, dando credito alle imprese a interesse minimo e abbattendo la disoccupazione, oppure possono anche andare a investire in Europa, in Italia e in Spagna, se è questo che vogliono. Là li accoglieranno a braccia aperte”. Così ha dichiarato la presidente Kirchner, nel commentare la più grande vittoria politica ottenuta da un governo sudamericano nel combattere il neo-colonialismo dei colossi della finanza al servizio dell’oligarchia planetaria del privilegio. Chi vuole investire nella finanza speculativa lo fa attraverso  “banche speciali” che dovranno esporre un avvertimento alla clientela, nel quale si specifica che non esiste nessuna garanzia internazionale su quell’investimento. Le banche correnti devono occuparsi di investire i soldi dei correntisti nell’economia reale, quella delle merci, e non quella della carta straccia; lo Stato garantisce ogni tipo di risparmio e ogni forma di investimento, purchè si riferisca all’economia reale.

    La borsa di Buenos Aires (e questa è un’altra bella notizia) ha reagito molto bene; anche quella brasiliana (che si appresta in brevissimo tempo a varare identica legge) grazie alla quale vengono aboliti i principi basilari dell’idea liberista che sta strozzando il pianeta, ovverossia l’egemonia della finanza sul mercato.

    Di tutto ciò, in Italia non si è parlato.

    Ma non basta, c’è dell’altro.

    Ieri, 30 novembre, per tutta la giornata, in Argentina si sono svolti convegni, manifestazioni e discussioni relativi a un’altra legge che va alla votazione alla fine della prossima settimana e che riguarda il secondo pilastro della democrazia e della ripresa economica: la legge sul conflitto di interesse e una nuova legiferazione nel campo della libertà di stampa, dell’informazione e delle comunicazioni. Verranno prese misure specifiche per impedire che possano essere eletti in parlamento soggetti politici legati al mondo dell’informazione, e soprattutto viene impedito a società finanziarie, banche d’affari private e grossi colossi finanziari internazionali di poter aggirare l’ostacolo diventando editori. Chi si occupa di informazione lo fa costituendosi come “editore puro” attraverso il rischio di una impresa privata. Il tutto per impedire che la finanza, in maniera subdola (come avviene in Italia ad es.) usi il proprio gigantesco potere per esercitare pressioni sull’opinione pubblica al fine di salvaguardare interessi finanziari e non il diritto alla libertà dell’informazione.

    Anche su questo punto, nessuna notizia in merito.

    Sono entrambi due pericolosissimi precedenti.

    E’ la dimostrazione che esistono strade diverse percorribili, opposte a quelle volute dalla BCE e dal governo italiano, dal PD dal PDL dall’Udc. A questo ci potete aggiungere la decisione ufficiale presa dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, il quale ha bocciato la richiesta avanzata dalle compagnie petrolifere locali per nuove trivellazioni, destinando i 300 milioni di dollari (per loro una grossa cifra) del budget che le lobby del petrolio erano riusciti a garantirsi e spostando tale cifra per la salvaguardia del territorio idro-geologico dando vita a tre giganteschi parchi naturali, all’interno dei quali verranno fatti investimenti nel settore dell’agricoltura biologica a chilometro zero.

    Qui di seguito, in un post scriptum, in copia e incolla, c’è un articolo apparso sul settimanale Pagina ½, la pubblicazione più radicale e colta diffusa in Argentina. E’ un esempio di giornalismo che in Italia non esiste più. Dà la notizia sulla legge della divisione tra banche d’affari e banche speculative, senza nessun commento, senza fornire nessuna opinione, raccontando in che cosa consiste la Legge, come funziona, come si è svolta la votazione, i nomi degli attori e delle fazioni in campo. L’articolo è quello originale ed è scritto dunque in spagnolo, ma è di facilissima comprensione anche per chi non conosce la lingua.

    Sono modalità completamente diverse da quelle seguite in Italia dove la disinformazione, il narcisismo e l’opinionismo lobbista si sono ormai sostituiti alla spiegazione dei fatti reali e oggettivi; e così i lettori, spaesati, confusi, finiscono per non essere mai messi al corrente su ciò che accade in verità, perché vengono spinti a seguire delle tesi già preconfezionate che finiscono tutte con lo stesso identico refrain: non c’è alternativa, non si può fare diversamente.

    Non è vero. Non è così.

    Non esiste nessun campo dell’attività umana in cui non esistano alternative. E’ una diabolica idea quella di presentare soluzioni come se fossero le uniche a disposizione.

    Per ritornare in Europa, mentre l’Italia è scivolata nel consueto imbuto popolato da pecore mediatiche al pascolo, seguendo le vicende delle cosiddette primarie, in Europa si scatenava un furibondo scontro (in Germania) relativo a Unicredit e MPS (la più antica banca italiana, Monte dei Paschi di Siena) anche perché il tutto era relativo alla stessa persona, Alessandro Profumo, già presidente di Unicredit e attualmente presidente di MPS. Accusato, denunciato e sentenziato di evasione fiscale in Europa per la cifra di 3,5 miliardi di euro, Unicredit e Profumo (in quanto mente operativa della questione) se la stanno vedendo con le banche europee per un gigantesco conflitto di interessi. Mentre all’unicredit si chiedono i soldi da pagare e Profumo è stato identificato come un evasore che non rispetta la Legge, Mario Monti, a nome del governo italiano, si è presentato da Mario Draghi chiedendo il consenso a “sforare” dai dispositivi sanciti dal Fiscal Compact per far avere –sempre allo stesso Profumo- un nuovo gettito di 3 miliardi di euro provenienti dalle casse dello stato italiano, dopo i 24 che ha già ricevuto negli ultimi cinque anni. Essendo il titolo della banca considerato in borsa “spazzatura” (il titolo che tre anni fa valeva 2 euro in borsa, oggi vale 0,17 euro in borsa) non è ammissibile neppure per Draghi una cosa del genere. Rischiosissima. Infatti, i greci –giustamente dal loro punto di vista- hanno immediatamente protestato pretendendo una proroga del loro debito. E’ andata a finire come ben sappiamo. Non si sa se Unicredit pagherà o meno ciò che ha rubato e MPS avrà i suoi soldi da investire in nuovi derivati speculativi a rischio sempre più alto, l’unica possibilità rimasta di poter mettere un buco alla voragine di una banca tecnicamente già fallita da un pezzo. Tutta la gestione dei rapporti tra istituzioni e banche, tra governo e banche, tra BCE e banche, portata avanti da Mario Monti e dal PD dal PDL e dall’Udc finiranno per aumentare nel mese di dicembre il disavanzo pubblico portandolo a un ulteriore aumento e raggiungendo la cifra di 2000 miliardi di euro.

    Qui in Italia ci portano via i soldi per darli a banchieri evasori che gestiscono banche già fallite, mentre in Argentina c’è chi ha messo legalmente il bavaglio alle banche, le ha ammanettate e le ha sottoposte a una rigida, attenta regolamentazione sotto la custodia, tutela e attenzione della classe politica al governo in rappresentanza delle istituzioni collettive.

    Una bella differenza.

    La guerra, quindi, prosegue.

    Ed è sempre la stessa, quella tra oligarchi della finanza e i loro oppositori.

    Da noi, ci fanno credere che il problema sia se vince Renzi o se vince Bersani oppure se Berlusconi si candiderà oppure no.

    Sapete che vi dico? (con il cuore in mano). Se a questo punto c’è qualcuno che pensa possa essere così, allora vuol dire che ce li meritiamo tutti. Questa è la loro forza.

    C’è ancora qualcuno che dà loro credito.

    Non lamentiamoci, dunque, se le banche non lo danno a noi, il credito. Perché mai dovrebbero?

    Buona domenica a tutti.

    Ecco l’articolo, a firma Sebastian Premici, celebre giornalista e intellettuale argentino.

    Màs poder para proteger el ahorro

    La ley se aprobó con 43 votos a favor y 19 en contra. El Frente para la Victoria y el FAP respaldaron la iniciativa en general, mientras que el peronismo disidente y los radicales se opusieron. La CNV tiene 180 días para reglamentarla.
    Por Sebastián Premici

    El Senado convirtió en ley el proyecto que modifica la regulación sobre el mercado de capitales y le otorga a la Comisión Nacional de Valores mayores atribuciones de control. El Frente para la Victoria consiguió 43 votos afirmativos, mientras que 19 senadores votaron en contra. Como viene sucediendo en las últimas sesiones, el oficialismo consolidó un núcleo de votos con sus aliados tradicionales, el Movimiento Popular Neuquino, los legisladores por Tierra del Fuego que representan a Nuevo Encuentro, y se sumó una senadora del PJ de La Pampa y otra de Santa Fe. El único bloque opositor que acompañó al oficialismo en la votación en general fue el FAP, que luego rechazó tres artículos. Por su parte, la UCR y el peronismo disidente votaron en contra. Los senadores radicales mantuvieron una postura diferente a la de sus colegas de la Cámara de Diputados, quienes habían acompañado en general al FpV. Su argumento fue que con la introducción de un cambio durante la votación en particular en la Cámara baja –la posibilidad de que la CNV designe veedores en caso de gravedad institucional, en defensa de los inversores minoristas, como el propio Estado–, se estaba desvirtuando el objetivo central del proyecto. En el recinto estuvieron presentes el ministro de Economía, Hernán Lorenzino, y el titular de la CNV, Alejandro Vanoli.

    El proyecto del Ejecutivo había logrado la media sanción el miércoles de la semana pasada (184 a 24). Sin mediar dilaciones, el proyecto pasó al Senado donde fue tratado en comisión al día siguiente. Una semana después, fue convertido en ley. “La Bolsa no desaparecerá. La idea es que haya cada vez más jugadores. Es imperioso romper el contraste entre tasa de interés y tipo de cambio y la desesperación por el acceso al dólar como atesoramiento. El Estado garantizará los ahorros con una mayor regulación de la CNV. La idea es poder canalizar el ahorro hacia las inversiones productivas en las provincias”, sostuvo Aníbal Fernández, titular de la Comisión de Presupuesto.

    Durante la sesión de Diputados se introdujeron varios cambios al proyecto original, muchos de ellos consensuados con la oposición e incluso con los actores del mercado. Pero hubo una modificación que llamó la atención de la oposición. En el artículo 20 se agregó el siguiente texto: “Cuando, como resultado de los relevamientos efectuados, fueren vulnerados los intereses de los accionistas minoritarios y/o tenedores de títulos valores sujetos a oferta pública, la CNV podrá designar veedores con facultad de veto de las resoluciones adoptadas; y separar a los órganos de administración de la entidad por un plazo máximo de ciento ochenta (180) días hasta regularizar las deficiencias encontradas”.

    Así como existe un núcleo duro que acompaña al oficialismo, el núcleo de la UCR y el PJ disidente tiene cada vez más coincidencias, al menos desde lo discursivo. Ambos cuestionaron al Gobierno sobre la posible “discrecionalidad” en la manera de aplicar la nueva regulación sobre el mercado de capitales. En definitiva, las críticas apuntan a la capacidad de regulación del Estado. “Este es un gobierno con sello anti inversión. El mercado no es otra cosa que un lugar de reunión, donde el Estado debe tener el mínimo interés de que no haya fraude. Nadie pertenecerá a un club para que le peguen. Los que ya están, están, pero no habrá nuevos jugadores en estas condiciones. La intromisión en la actividad privada logra el desaliento”, sostuvo Juan Carlos Romero (PJ Salta). Por su parte, el radical Gerardo Morales –quien tuvo un cruce con la pampeana María de los Angeles Higonet (ver aparte)– afirmó que el proyecto “vulnera la seguridad jurídica”. Su correligionaria, Laura Montero, fue un poco más específica. “La regulación del mercado quedará en manos del Ejecutivo que podrá tener atribuciones discrecionales. Hubiéramos querido que haya participación de la oposición en el directorio de la CNV”, manifestó la mendocina, aliada de Julio Cobos.

    La modificación en el artículo 20 contempla el hecho de que muchas empresas que cotizan en la Bolsa tienen inversiones provenientes del “ahorro público”. Según explicaron a Página/12 desde la CNV, se incluyeron en el articulado “herramientas legales para actuar rápidamente ante situaciones graves que puedan alterar el normal desarrollo de la operatoria diaria y la estabilidad del mercado”. La capacidad de intervención del Estado apunta a “salvaguardar” las inversiones realizadas que surgen en su mayoría del Fondo de Sustentabilidad de la Anses, que se nutre con los aportes de los trabajadores. Desde esta perspectiva, se habría incluido el artículo para “proteger” dichas inversiones, dato que la oposición pasó por alto. “Algo de lo que se habló poco en el debate es el rol de las calificadoras, que están cuestionadas en todo el mundo. Las universidades le darán un aspecto totalmente diferente a esta cuestión. Lo otro que no se dijo fue la desmutualización (salvo por una mención de Montero). Para ser socio de la Bolsa había que pagar cinco millones de pesos. Se eliminó ese requisito”, manifestó Miguel Angel Pichetto, titular del bloque del FpV.

    Otro aspecto relevante de las modificaciones incluidas durante la sesión de la Cámara baja tiene que ver con una cláusula que sostiene que “en ningún caso se podrán disponer despidos por causa de las disposiciones de la presente ley”. La oposición quería incluir la obligación del Estado de tomar a cualquier empleado de las Bolsas que eventualmente fuese despedido. Los trabajadores de la Bolsa de Comercio estuvieron en la puerta del Senado repartiendo volantes, para que se les garanticen sus fuentes laborales. “No puede haber despido alguno por esta ley. Por eso pedí que la reglamentación sea lo más clara posible en este punto”, sostuvo Fernández al comienzo de su exposición.

    La ley será promulgada en los próximos 30 días. Las distintas Bolsas y mercados del país ya comenzaron su lobby para tratar de incidir en esta instancia.

    Sergio Di Cori Modigliani
    Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
    Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/12/ecco-cio-che-sta-accadendo-in-argentina.html

     

    http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=11159


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    Il Fmi: moneta sovrana, non più monopolio delle banche

    Eliminare il debito pubblico degli Usa in un colpo solo, e fare lo stesso con Gran Bretagna, Italia, Germania, Giappone, Grecia. E nello stesso tempo rilanciare l’economia, stabilizzare i prezzi e spodestare i banchieri. In modo pulito e indolore, e più rapidamente di quel che si può immaginare. Con una bacchetta magica? No. Con una legge semplice, ma capace di sostituire l’attuale sistema, in cui a creare denaro dal nulla sono le banche private. Basterebbe un provvedimento che obblighi gli istituti di credito a detenere una riserva finanziaria reale, del 100%. A proporlo sono due economisti del Fondo Monetario Internazionale, Jaromir Beneš e Michael Kumhof. Tu, banca, vuoi lucrare sul prestito di denaro? Prima devi dimostrare di averlo davvero, quel denaro. Troppo comodo farselo dare dalla banca centrale (che lo fabbrica dal nulla) per poi “taglieggiare” famiglie, aziende e interi Stati, imponendo interessi esorbitanti.

    Lo studio dei due economisti, “The Chicago Plan Revisited”, contiene «una proposta rivoluzionaria e “scandalosa”»: Maria Grazia Bruzzone, su “La Stampa”, sottolinea la risonanza mondiale del dossier, che irrompe come una bomba sul sistema capitalistico mondiale ormai inceppato. Il debito globale è arrivato all’esorbitante somma di 200 trilioni, cioè 200.000 miliardi di dollari, mentre il Pil del mondo è inferiore ai 70 trilioni. Tradotto: il debito mondiale è pari al 300% del prodotto interno lordo dell’intero pianeta. «E a detenere questa immensa montagna di debito – che continua a crescere – sono più le economie avanzate che i paesi in via di sviluppo», ricorda la Bruzzone, sottolineando che «il cuore e la croce del problema» sono le massime “potenze”: Giappone, Europa e Stati Uniti. Di qui la sortita “eretica” di Beneš e Kumhof: semplicemente cancellare il debito, farlo sparire. A scatenare il dibattito è stato l’ultimo rapporto Fmi, che punta il dito sulle politiche di austerity mirate a ridurre il debito pubblico. Politiche che «potrebbero portare in recessione le economie», visto che «tagli e aumenti delle tasse deprimono l’economia».

    Non solo. Il Fondo Monetario sarebbe realmente preoccupato: la crisi che sta devastando l’Europa minaccia di essere peggiore di quella finanziaria del 2008. La sorpresa è che persino il Fmi ora pensa che «l’austerità possa essere usata per giustificare la privatizzazione di servizi pubblici», con conseguenze «potenzialmente disastrose». Ma se il problema è il debito – pubblico, ma ormai “privatizzato” dalla finanza – non lo si può cancellare? Soluzione già ventilata dalla Banca d’Inghilterra, che detiene il 25% del debito sovrano britannico: la Bank of England potrebbe azzerarlo con un clic sul computer. Vantaggi: «Si pagherebbero molto meno interessi, si libererebbe liquidità e si potrebbe rendere meno dura l’austerità». Il dibattito ferve su molti media, a cominciare dallo stesso “Financial Times”.Discussione nella quale irrompe ora la proposta rivoluzionaria dei due economisti targati Fmi: cancellare il debito.

    “The Chicago Plan Revisited”, scrive Maria Grazia Bruzzone, rilancia e approfondisce il “Chicago Plan” originario, elaborato nel bel mezzo della Grande Depressione degli anni ‘30 da altri due economisti, Irving Fischer ed Henry Simons della Chicago University, culla del liberismo. Cancellare il 100% del debito? «Il trucco è rimpiazzare il nostro sistema, dove il denaro è creato da banche private – per il 95-97% della disponibilità di denaro – con denaro creato dallo Stato. Vorrebbe dire tornare alla norma storica, prima che il re inglese Carlo II mettesse in mani private il controllo del denaro disponibile», nel lontano 1666. Significherebbe un assalto frontale alla “riserva frazionale” delle banche, accusate di signoraggio speculativo sull’emissione di moneta: se i prestatori vengono invece costretti a detenere il 100% di riserve proprie a garanzia di depositi e prestiti, «perdono l’esorbitante privilegio di creare denaro dal nulla». Di conseguenza: «La nazione riguadagna il controllo sulla disponibilità di denaro», e inoltre «si riducono i perniciosi cicli di espansione e contrazione del credito».

    Gli autori del primo “Piano di Chicago” avevano pensato che i cicli di espansione e contrazione del credito portano a una insana concentrazione di ricchezza: «Avevano visto nei primi anni Trenta i creditori pignorare gli agricoltori ridotti sul lastrico, accaparrarsi le loro terre o comprarsele per un pezzo di pane». Oggi, gli autori della nuova edizione di quel piano sostengono che il “trauma”del ciclo di credito che si espande e contrae – causato dalla creazione privata del denaro – è un fatto storico che si ritrova già coi Giubilei del Debito nell’antica Mesopotamia, così come nell’antica Grecia e persino a Roma. Il controllo sovrano (dello Stato o del Papa) sulla moneta corrente, ricorda la Bruzzone, in Gran Bretagna rimase tale per tutto il medioevo, fino al 1666, quando è cominciata l’era dei cicli di espansione e contrazione. Con la “privatizzazione bancaria” della moneta, aggiunge il “Telegraph”, «si aprì la strada alla rivoluzione agricola e subito dopo alla rivoluzione industriale e al più grande balzo economico mai visto» – ma non è il caso di “cavillare”, ironizza il quotidiano.

    Secondo i giovani economisti del Fmi, è solo un mito – divulgato “innocentemente” da Adam Smith – che il denaro si sia sviluppato come mezzo di scambio basato sull’oro, o legato ad esso. Così come è un mito, puntualizza lo studio del Fondo Monetario, quel che si impara sui libri: e cioè che sia la Fed, la banca centrale americana, a controllare la creazione del dollaro. «In realtà, il denaro è creato al 95-97% dalle banche private, attraverso i prestiti». Le banche private, infatti, non concedono prestiti in quanto proprietarie di depositi in denaro: il processo è esattamente il contrario. «Ogni volta che una banca fa un prestito, scrive nel computer il credito (più gli interessi) e nel suo bilancio la passività corrispondente. Ma di quel denaro che presta, la banca ne ha una minima parte. Se lo fa prestare da un’altra banca, o dalla banca centrale. E la banca centrale a sua volta crea dal nulla il denaro che presta alla banca».

    Nel sistema attuale, infatti, la banca non è obbligata ad avere riserve proprie – se non per una frazione minima di quello che presta. In un sistema a “riserva frazionale”, ad ogni denaro creato dal nulla corrisponde un debito equivalente: «Il che produce un aumento esponenziale del debito, fino al punto che il sistema collassa su se stesso». Gli economisti del Fmi ora rovesciano la situazione. La chiave è la separazione netta fra quantità di denaro e quantità di credito, fra creazione di moneta e concessione di crediti. Se si imponesse alle banche di prestare solo cifre coperte da riserve reali, i prestiti sarebbero interamente finanziati da riserve, ovvero guadagni accantonati. A quel punto, gli istituti di credito non potrebbero più creare nuovi depositi dal nulla. Generare profitti attraverso i prestiti – senza però disporre realmente di una riserva di denaro – è «un privilegio straordinario ed esclusivo, negato ad altri business».

    «Le banche – conclude Maria Grazia Bruzzone – diventerebbero quel che erroneamente si crede che siano, puri intermediari che devono procurarsi all’esterno i loro fondi per essere in grado di fare prestiti». In questo modo, la Federal Reserve statunitense «si approprierebbe per la prima volta del controllo sulla disponibilità di denaro, rendendo più facile gestire l’inflazione». Di fatto, viene osservato, la banca centrale verrebbe nazionalizzata, diventando una branca del Tesoro, mentre ora la Fed fa ancora capo a banche private. “Nazionalizzando” la Fed, l’enorme debito nazionale si trasformerebbe in un surplus, e le banche private «dovrebbero prendere a prestito riserve per compensare le eventuali passività». Voleva già farlo John Fitzgerald Kennedy, che si mise a stampare – a costo zero – “dollari del Tesoro”, contro quelli “privati” della Fed: ma la sfida di Jfk si spense tragicamente, come sappiamo, sotto i colpi dei killer di Dallas, rapidamente archiviati dalle “amnesie” di potentissimi insabbiatori.

    Moneta sovrana, emessa direttamente dal governo: lo Stato non sarebbe più “debitore”, ma diventerebbe un “creditore”, in grado cioè di acquistare il debito privato, che verrebbe anch’esso facilmente cancellato. Dopo decenni, torna in campo il fantasma di Kennedy. In sostanza: anche gli economisti del Fondo Monetario ora sposano la teoria di Warren Mosler, che si batte per la sovranità monetaria come arma vincente per uscire – una volta per tutte – dalla schiavitù finanziaria che assoggetta interi popoli, stritolati dalla crisi, al potere egemonico di una ristrettissima élite di “rentiers”, mentre l’economia reale – coi servizi tagliati e il credito concesso col contagocce – va semplicemente a rotoli. E’ l’assunto cardinale della Modern Money Theory sostenuta in Italia da Paolo Barnard: se ad emettere “denaro creato dal nulla” è lo Stato, al posto delle banche, crolla il ricatto dell’austerity che impoverisce tutti, arricchendo smisuratamente solo i parassiti della finanza. Con moneta sovrana, lo Stato può creare lavoro a basso costo. E cioè: benessere, redditi e speranze per milioni di persone, con una ripresa garantita dei consumi. Puro ossigeno per l’economia.

    Non c’è da stupirsi, aggiunge la Bruzzone, se già l’originario “Chicago Plan”, per quanto deliberato da commissioni del Congresso americano, non divenne mai legge, a dispetto del fatto che a caldeggiarlo furono ben 235 economisti accademici, compresi il liberista Milton Friedman e l’inglese James Tobin, il padre della “Tobin tax”. In pratica, «il piano morì per la fortissima resistenza del settore bancario». Sono le stesse banche, aggiunge la giornalista della “Stampa”, che oggi recalcitrano davanti agli obblighi di riserva un po’ più alti (ma sempre dell’ordine del 4-6%) imposti dalle regole di Basilea III, comunque insufficienti a fare da deterrente in caso di nuova crisi. Banche: «Le stesse che spendono miliardi in lobbying e in contributi elettorali ai candidati presidenti. E che davanti al nuovo “Chicago Plan” minacciano sfracelli e sostengono che “vorrebbe dire cambiare la natura del capitalismo occidentale”». Il che forse è vero, ammette la Bruzzone: «Magari però sarebbe un capitalismo migliore. E meno rischioso».

     

    fonte: http://www.libreidee.org/2012/11/il-fmi-moneta-sovrana-non-piu-monopolio-delle-banche/



    Tratto da:
    Il Fmi: moneta sovrana, non più monopolio delle banche | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/11/27/il-fmi-moneta-sovrana-non-piu-monopolio-delle-banche/#ixzz2DQW0SPis
    - Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

     


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  • Il Fmi: moneta sovrana, non più monopolio delle banche

    Eliminare il debito pubblico degli Usa in un colpo solo, e fare lo stesso con Gran Bretagna, Italia, Germania, Giappone, Grecia. E nello stesso tempo rilanciare l’economia, stabilizzare i prezzi e spodestare i banchieri. In modo pulito e indolore, e più rapidamente di quel che si può immaginare. Con una bacchetta magica? No. Con una legge semplice, ma capace di sostituire l’attuale sistema, in cui a creare denaro dal nulla sono le banche private. Basterebbe un provvedimento che obblighi gli istituti di credito a detenere una riserva finanziaria reale, del 100%. A proporlo sono due economisti del Fondo Monetario Internazionale, Jaromir Beneš e Michael Kumhof. Tu, banca, vuoi lucrare sul prestito di denaro? Prima devi dimostrare di averlo davvero, quel denaro. Troppo comodo farselo dare dalla banca centrale (che lo fabbrica dal nulla) per poi “taglieggiare” famiglie, aziende e interi Stati, imponendo interessi esorbitanti.

    Lo studio dei due economisti, “The Chicago Plan Revisited”, contiene «una proposta rivoluzionaria e “scandalosa”»: Maria Grazia Bruzzone, su “La Stampa”, sottolinea la risonanza mondiale del dossier, che irrompe come una bomba sul sistema capitalistico mondiale ormai inceppato. Il debito globale è arrivato all’esorbitante somma di 200 trilioni, cioè 200.000 miliardi di dollari, mentre il Pil del mondo è inferiore ai 70 trilioni. Tradotto: il debito mondiale è pari al 300% del prodotto interno lordo dell’intero pianeta. «E a detenere questa immensa montagna di debito – che continua a crescere – sono più le economie avanzate che i paesi in via di sviluppo», ricorda la Bruzzone, sottolineando che «il cuore e la croce del problema» sono le massime “potenze”: Giappone, Europa e Stati Uniti. Di qui la sortita “eretica” di Beneš e Kumhof: semplicemente cancellare il debito, farlo sparire. A scatenare il dibattito è stato l’ultimo rapporto Fmi, che punta il dito sulle politiche di austerity mirate a ridurre il debito pubblico. Politiche che «potrebbero portare in recessione le economie», visto che «tagli e aumenti delle tasse deprimono l’economia».

    Non solo. Il Fondo Monetario sarebbe realmente preoccupato: la crisi che sta devastando l’Europa minaccia di essere peggiore di quella finanziaria del 2008. La sorpresa è che persino il Fmi ora pensa che «l’austerità possa essere usata per giustificare la privatizzazione di servizi pubblici», con conseguenze «potenzialmente disastrose». Ma se il problema è il debito – pubblico, ma ormai “privatizzato” dalla finanza – non lo si può cancellare? Soluzione già ventilata dalla Banca d’Inghilterra, che detiene il 25% del debito sovrano britannico: la Bank of England potrebbe azzerarlo con un clic sul computer. Vantaggi: «Si pagherebbero molto meno interessi, si libererebbe liquidità e si potrebbe rendere meno dura l’austerità». Il dibattito ferve su molti media, a cominciare dallo stesso “Financial Times”.Discussione nella quale irrompe ora la proposta rivoluzionaria dei due economisti targati Fmi: cancellare il debito.

    “The Chicago Plan Revisited”, scrive Maria Grazia Bruzzone, rilancia e approfondisce il “Chicago Plan” originario, elaborato nel bel mezzo della Grande Depressione degli anni ‘30 da altri due economisti, Irving Fischer ed Henry Simons della Chicago University, culla del liberismo. Cancellare il 100% del debito? «Il trucco è rimpiazzare il nostro sistema, dove il denaro è creato da banche private – per il 95-97% della disponibilità di denaro – con denaro creato dallo Stato. Vorrebbe dire tornare alla norma storica, prima che il re inglese Carlo II mettesse in mani private il controllo del denaro disponibile», nel lontano 1666. Significherebbe un assalto frontale alla “riserva frazionale” delle banche, accusate di signoraggio speculativo sull’emissione di moneta: se i prestatori vengono invece costretti a detenere il 100% di riserve proprie a garanzia di depositi e prestiti, «perdono l’esorbitante privilegio di creare denaro dal nulla». Di conseguenza: «La nazione riguadagna il controllo sulla disponibilità di denaro», e inoltre «si riducono i perniciosi cicli di espansione e contrazione del credito».

    Gli autori del primo “Piano di Chicago” avevano pensato che i cicli di espansione e contrazione del credito portano a una insana concentrazione di ricchezza: «Avevano visto nei primi anni Trenta i creditori pignorare gli agricoltori ridotti sul lastrico, accaparrarsi le loro terre o comprarsele per un pezzo di pane». Oggi, gli autori della nuova edizione di quel piano sostengono che il “trauma”del ciclo di credito che si espande e contrae – causato dalla creazione privata del denaro – è un fatto storico che si ritrova già coi Giubilei del Debito nell’antica Mesopotamia, così come nell’antica Grecia e persino a Roma. Il controllo sovrano (dello Stato o del Papa) sulla moneta corrente, ricorda la Bruzzone, in Gran Bretagna rimase tale per tutto il medioevo, fino al 1666, quando è cominciata l’era dei cicli di espansione e contrazione. Con la “privatizzazione bancaria” della moneta, aggiunge il “Telegraph”, «si aprì la strada alla rivoluzione agricola e subito dopo alla rivoluzione industriale e al più grande balzo economico mai visto» – ma non è il caso di “cavillare”, ironizza il quotidiano.

    Secondo i giovani economisti del Fmi, è solo un mito – divulgato “innocentemente” da Adam Smith – che il denaro si sia sviluppato come mezzo di scambio basato sull’oro, o legato ad esso. Così come è un mito, puntualizza lo studio del Fondo Monetario, quel che si impara sui libri: e cioè che sia la Fed, la banca centrale americana, a controllare la creazione del dollaro. «In realtà, il denaro è creato al 95-97% dalle banche private, attraverso i prestiti». Le banche private, infatti, non concedono prestiti in quanto proprietarie di depositi in denaro: il processo è esattamente il contrario. «Ogni volta che una banca fa un prestito, scrive nel computer il credito (più gli interessi) e nel suo bilancio la passività corrispondente. Ma di quel denaro che presta, la banca ne ha una minima parte. Se lo fa prestare da un’altra banca, o dalla banca centrale. E la banca centrale a sua volta crea dal nulla il denaro che presta alla banca».

    Nel sistema attuale, infatti, la banca non è obbligata ad avere riserve proprie – se non per una frazione minima di quello che presta. In un sistema a “riserva frazionale”, ad ogni denaro creato dal nulla corrisponde un debito equivalente: «Il che produce un aumento esponenziale del debito, fino al punto che il sistema collassa su se stesso». Gli economisti del Fmi ora rovesciano la situazione. La chiave è la separazione netta fra quantità di denaro e quantità di credito, fra creazione di moneta e concessione di crediti. Se si imponesse alle banche di prestare solo cifre coperte da riserve reali, i prestiti sarebbero interamente finanziati da riserve, ovvero guadagni accantonati. A quel punto, gli istituti di credito non potrebbero più creare nuovi depositi dal nulla. Generare profitti attraverso i prestiti – senza però disporre realmente di una riserva di denaro – è «un privilegio straordinario ed esclusivo, negato ad altri business».

    «Le banche – conclude Maria Grazia Bruzzone – diventerebbero quel che erroneamente si crede che siano, puri intermediari che devono procurarsi all’esterno i loro fondi per essere in grado di fare prestiti». In questo modo, la Federal Reserve statunitense «si approprierebbe per la prima volta del controllo sulla disponibilità di denaro, rendendo più facile gestire l’inflazione». Di fatto, viene osservato, la banca centrale verrebbe nazionalizzata, diventando una branca del Tesoro, mentre ora la Fed fa ancora capo a banche private. “Nazionalizzando” la Fed, l’enorme debito nazionale si trasformerebbe in un surplus, e le banche private «dovrebbero prendere a prestito riserve per compensare le eventuali passività». Voleva già farlo John Fitzgerald Kennedy, che si mise a stampare – a costo zero – “dollari del Tesoro”, contro quelli “privati” della Fed: ma la sfida di Jfk si spense tragicamente, come sappiamo, sotto i colpi dei killer di Dallas, rapidamente archiviati dalle “amnesie” di potentissimi insabbiatori.

    Moneta sovrana, emessa direttamente dal governo: lo Stato non sarebbe più “debitore”, ma diventerebbe un “creditore”, in grado cioè di acquistare il debito privato, che verrebbe anch’esso facilmente cancellato. Dopo decenni, torna in campo il fantasma di Kennedy. In sostanza: anche gli economisti del Fondo Monetario ora sposano la teoria di Warren Mosler, che si batte per la sovranità monetaria come arma vincente per uscire – una volta per tutte – dalla schiavitù finanziaria che assoggetta interi popoli, stritolati dalla crisi, al potere egemonico di una ristrettissima élite di “rentiers”, mentre l’economia reale – coi servizi tagliati e il credito concesso col contagocce – va semplicemente a rotoli. E’ l’assunto cardinale della Modern Money Theory sostenuta in Italia da Paolo Barnard: se ad emettere “denaro creato dal nulla” è lo Stato, al posto delle banche, crolla il ricatto dell’austerity che impoverisce tutti, arricchendo smisuratamente solo i parassiti della finanza. Con moneta sovrana, lo Stato può creare lavoro a basso costo. E cioè: benessere, redditi e speranze per milioni di persone, con una ripresa garantita dei consumi. Puro ossigeno per l’economia.

    Non c’è da stupirsi, aggiunge la Bruzzone, se già l’originario “Chicago Plan”, per quanto deliberato da commissioni del Congresso americano, non divenne mai legge, a dispetto del fatto che a caldeggiarlo furono ben 235 economisti accademici, compresi il liberista Milton Friedman e l’inglese James Tobin, il padre della “Tobin tax”. In pratica, «il piano morì per la fortissima resistenza del settore bancario». Sono le stesse banche, aggiunge la giornalista della “Stampa”, che oggi recalcitrano davanti agli obblighi di riserva un po’ più alti (ma sempre dell’ordine del 4-6%) imposti dalle regole di Basilea III, comunque insufficienti a fare da deterrente in caso di nuova crisi. Banche: «Le stesse che spendono miliardi in lobbying e in contributi elettorali ai candidati presidenti. E che davanti al nuovo “Chicago Plan” minacciano sfracelli e sostengono che “vorrebbe dire cambiare la natura del capitalismo occidentale”». Il che forse è vero, ammette la Bruzzone: «Magari però sarebbe un capitalismo migliore. E meno rischioso».

     

    fonte: http://www.libreidee.org/2012/11/il-fmi-moneta-sovrana-non-piu-monopolio-delle-banche/



    Tratto da: Il Fmi: moneta sovrana, non più monopolio delle banche | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/11/27/il-fmi-moneta-sovrana-non-piu-monopolio-delle-banche/#ixzz2DQW0SPis
    - Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

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    In che mondo viviamo ???

    A chi dare le colpe di tutto quello che sta accadendo ?

    Chi sono i veri responsabili di tutto questo marciume ????

    La risposta è una sola ; il denaro, chi lo possiede, e chi trae da questi il beneficio del potere.

    Tutto questo si racchiude in una sola parola : capitalismo.

    Esseri umani che si sono alzati al livello di Dio, che con i loro sporchi traffici creano per alcuni una ricchezza ( paradiso ), per altri povertà ( inferno ).

    Il purgatorio, il Papa ha deciso che non esiste piu. Come, per millenni ci hanno abbindolato con questa forma transitoria e adesso é stata cancellata, cosi di punto in bianco. Al che mi fa pensare che anche le religioni sono tutte una montatura per dividere l` uomo, parlare di fratellanza, di libertà, di eguaglianza ed oggi di democrazia, mi sembra ridicolo, oggi crediamo di essere uguali, liberi, democratici, ma nella realtà siamo tiranneggiati dal denaro.

    Se apri un ipoteca, mutuo, per farti un tetto sopra la tua testa, finchè arrivi a pagare sia l`ammortamento e gli interessi va bene, se disgraziatamente accade un imprevisto e non arrivi a far fronte al tuo impegno ti sequestrano il tuo tetto e tu finisci per far parte di quel mondo di poveri e non ricevi dal tuo Stato una garanzia che ti possa aiutare nel momento del bisogno. Lo Stato e chi lavora per esso non da alcuna garanzia, speranza, alfine di un futuro regolare.

    L`organismo statale serve solo a farti pagare tasse su tasse, ma tutelare la sua popolazione é diventata una cosa che non le appartiene....piu..... tutto questo ci porta alla mia prima considerazione e cioé che chi comanda è il denaro e chi lo detiene, Ribellarsi a questo sistema sarebbe facile, basterebbe una rivoluzione e spazzare via tutto questo marciume......invece no....costoro hanno saputo col tempo crearsi una protezione ed è difficile arrivare a loro direttamente perchè anche se ne conosciamo l`identità, costoro dirigono il traffico dietro le quinte e nessuno puo arrivarci perchè tra loro e il popolo c`è un esercito di intermediari e tra questi quelli che si fanno chiamare politici.

    Ci sono i servi, i servi dei servi, e alla fine i servi dei padroni.

    2000 anni fa ci fu un personaggio che disse di essere il figlio di Dio, anche noi siamo figli di Dio se guardiamo l`insegnamento cattolico, costui predicava la fratellanza, l`obbedienza di quei comandamenti che Dio diede a Mose, lui non voleva la rivolta, ma che l`umanità si rendesse conto che la vita era un dono divino e che tutti avevavo il diritto e il dovere di rispettarlo anche perché l`umano é solo di passaggio, ma nel suo percorso deve lasciare un impronta per le generazioni future, Naturalmente è stato messo in croce da coloro che quella filosofia non piaceva, quindi il ricco ha tutti i diritti ed il povero tutti i doveri. Da allora cosa è cambiato ? Niente. Anzi è cresciuto un odio tra i componenti del popolo, uno crede che la sua teoria sia migliore dell`altra..........

    cosi tra i due litiganti il terzo gode..........Non sto a dire quello che si dovrebbe fare per capovolgere la situazione.....basterebbe solo notare che chi falsifica le cose, chi non possiede le giuste capacità …. avanza.... chi dice il vero ed è coscienzioso.....rimane sempre indietro...... questo è un mondo creato solo per i furbi....o almeno che si credono tali......ma la natura, non dico Dio, un giorno pagherà tutti : i furbi, perchè si sono approffittati....e gli altri che possiamo chiamare fessi perchè non hanno saputo farsi rispettare....................

     


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  • La causa primaria del Cancro

    Una notizia che ha dell’incredibile: la causa principale del cancro è stata ufficialmente scoperta decenni fa da uno scienziato premio nobel per la medicina nel 1931.

    E da allora nulla è stato fatto in base a tale conseguimento, se non continuare a raccoglierein tutto il mondo soldi per la ricerca, attraverso associazioni come ad esempio l’italiana AIRC.

    Quando la causa primaria del cancro era già conosciuta.

     

    Pochissime persone in tutto il mondo lo sanno, perché questo fatto è nascosto dall’industria farmaceutica e alimentare.

    Nel 1931 lo scienziato tedesco Otto Heinrich Warburg ha ricevuto il Premio Nobel per la scoperta sulla causa primaria di cancro.

    Proprio così. Ha trovato la causa primaria del cancro e ha vinto il Premio Nobel.

    Otto ha scoperto che il cancro è il risultato di un potere anti-fisiologico e di uno stile di vita anti-fisiologico.

    Perché? Poiché sia con uno stile anti-fisiologico nutrizionale (dieta basata su cibi acidificanti) e l’inattività fisica, il corpo crea un ambiente acido (nel caso di inattività, per una cattiva ossigenazione delle cellule).

    L’acidosi cellulare causa l’espulsione dell’ossigeno. La mancanza di ossigeno nelle cellule crea un ambiente acido.

    Egli ha detto: “La mancanza di ossigeno e l’acidità sono due facce della stessa medaglia: Se una persona ha uno, ha anche l’altro”.

    Cioè, se una persona ha eccesso di acidità, quindi automaticamente avrà mancanza di ossigeno nel suo sistema. Se manca l’ossigeno, avrete acidità nel vostro corpo.

    Egli ha anche detto: “Le sostanze acide respingono ossigeno, a differenza delle alcaline che attirano ossigeno.”

    Cioè, un ambiente acido è un ambiente senza ossigeno.

    Egli ha dichiarato: “Privando una cellula del 35% del suo ossigeno per 48 ore e’ possibile convertirla in un cancro”.

    “Tutte le cellule normali hanno il bisogno assoluto di ossigeno, ma le cellule tumorali possono vivere senza di esso”(Una regola senza eccezioni.)

    “I tessuti tumorali sono acidi, mentre i tessuti sani sono alcalini.”

    Nella sua opera “Il metabolismo dei tumori,” Otto ha mostrato che tutte le forme di cancro sono caratterizzate da due condizioni fondamentali: acidosi del sangue (acido) e ipossia (mancanza di ossigeno).

    Ha scoperto che le cellule tumorali sono anaerobiche (non respirano ossigeno) e non possono sopravvivere in presenza di alti livelli di ossigeno.

    Le cellule tumorali possono sopravvivere soltanto con glucosio e in un ambiente privo di ossigeno.

    Pertanto, il cancro non è altro che un meccanismo di difesa che ha alcune cellule del corpo per sopravvivere in un ambiente acido e privo di ossigeno.

    In sintesi:

    • Le cellule sane vivono in un ambiente ossigenato e alcalino che consente il normale funzionamento.
    • Le cellule tumorali vivono in un ambiente acido e carente di ossigeno.

    Importante:

    Una volta terminato il processo digestivo, gli alimenti, a secondo della qualità di proteine, carboidrati, grassi, vitamine e minerali, forniscono e generano una condizione di acidità o alcalinità nel corpo. In altre parole … tutto dipende unicamente da ciò che si mangia.

    Il risultato acidificante o alcalinizzante viene misurato con una scala chiamata PH, i cui valori vanno da 0 a 14, al valore 7 corrisponde un pH neutro.

    E ‘importante sapere come gli alimenti acidi e alcalini influiscono sulla salute, poiché le cellule..per funzionare correttamente dovrebbe essere di un ph leggermente alcalino(poco di sopra al 7).

    In una persona sana, il pH del sangue è compreso tra 7.4 e 7.45.

    Se il pH del sangue di una persona inferiore 7, va in coma.

    Gli alimenti che acidificano il corpo:

    • Lo zucchero raffinato e tutti i suoi sottoprodotti. (E’ il peggiore di tutti: non ha proteine, senza grassi, senza vitamine o minerali, solo carboidrati raffinati che schiacciano il pancreas). Il suo pH è di 2,1 (molto acido)
    • Carne. (Tutti i tipi)
    • Prodotti di origine animale (latte e formaggio, ricotta, yogurt, ecc)
    • Il sale raffinato.
    • Farina raffinata e tutti i suoi derivati. (Pasta, torte, biscotti, ecc)
    • Pane. (La maggior parte contengono grassi saturi, margarina, sale, zucchero e conservanti)
    • Margarina.
    • Antibiotici e medicine in generale.
    • Caffeina. (Caffè, tè nero, cioccolato)
    • Alcool.
    • Tabacco. (Sigarette)
    • Antibiotici e medicina in generale.
    • Qualsiasi cibo cotto. (la cottura elimina l’ossigeno aumentando l’acidita’ dei cibi”)
    • Tutti gli alimenti trasformati, in scatola, contenenti conservanti, coloranti, aromi, stabilizzanti, ecc.

    Il sangue si ‘autoregola’ costantemente” per non cadere in acidosi metabolica garantire il buon funzionamento e ottimizzare il metabolismo cellulare.

    Il corpo deve ottenere delle basi minerali alimentari per neutralizzare l’acidità del sangue nel metabolismo, ma tutti gli alimenti già citati (per lo più raffinati) acidificano il sangue e ammorbano il corpo.

    Dobbiamo tener conto che CON il moderno stile di vita, questi cibi vengono consumati almeno 3 volte al giorno”, 365 giorni l’anno e tutti questi alimenti sono anti-fisiologici.

    Gli alimenti alcalinizzanti:

    * Tutte le verdure crude. (Alcune sono acide al gusto, ma all’interno del corpo avviene una reazione è alcalinizzante.”. Altre sono un po acide, tuttavia, forniscono le basi necessarie per il corretto equilibrio). Le verdure crude producono ossigeno, quelle cotte no.

    * I Frutti, stessa cosa. Ad esempio, il limone ha un pH di circa 2,2, tuttavia, all’interno del corpo ha un effetto altamente alcalino. (Probabilmente il più potente di tutti - non fatevi ingannare dal sapore acidulo)

    * I frutti producono abbastanza ossigeno.

    * Alcuni semi, come le mandorle sono fortemente alcalini.

    * I cereali integrali: l’unico cereale alcalinizzante è il miglio. Tutti gli altri sono leggermente acidi, tuttavia, siccome la dieta ideale ha bisogno di una percentuale di acidità, è bene consumarne qualcuno. Tutti i cereali devono essere consumati cotti.

    Il miele è altamente alcalinizzante.

    * La clorofilla la pianta è fortemente alcalina.

    (Da qualsiasi pianta) (in particolare aloe vera, noto anche come aloe)

    * L’acqua è importante per la produzione di ossigeno. “La disidratazione cronica è la tensione principale del corpo e la radice della maggior parte tutte le malattie degenerative.” Lo afferma il Dott. Feydoon Batmanghelidj.

    * L’esercizio ossigena tutto il corpo. “Uno stile di vita sedentario usura il corpo.”

    L’ideale è avere una alimentazione di circa il 60% alcalina piuttosto che acida, e, naturalmente, evitare i prodotti maggiormente acidi, come le bibite, lo zucchero raffinato e gli edulcoranti.

    Non abusare del sale o evitarlo il più possibile.

    Per coloro che sono malati, l’ideale è che l’alimentazione sia di circa 80% alcalina, eliminando tutti i prodotti più nocivi.

    Se si ha il cancro il consiglio è quello di alcalinizzare il piu’ possibile.”

    Inutile dire altro, non è vero?

    Dr. George W. Crile, di Cleveland, uno dei chirurghi più rispettati al mondo, dichiara apertamente: “Tutte le morti chiamate naturali non sono altro che il punto terminale di un saturazione di acidità nel corpo.”

    Come precedentemente accennato, è del tutto impossibile per il cancro di comparire in una persona che libera il corpo dagli acidi con una dieta alcalina, che aumenta il consumo di acqua pura e che eviti i cibi che producono acido.

    In generale, il cancro non si contrae e nemmeno si eredita. Ciò che si eredita sono le abitudini alimentari, ambientali e lo stile di vita. Questo può produrre il cancro.

    Mencken ha scritto: “La lotta della vita è contro la ritenzione di acido”.“Invecchiamento, mancanza di energia, stress, mal di testa, malattie cardiache, allergie, eczema, orticaria, asma, calcoli renali, arteriosclerosi, tra gli altri, non sono altro che l’accumulo di acidi”.

    Dr. Theodore A. Baroody ha detto nel suo libro “Alcalinizzare o morire” (alcaline o Die):

    ” In realtà, non importa i nomi delle innumerevoli malattie Ciò che conta è che essi provengono tutti dalla stessa causa principale: Molte scorie acide nel corpo”

    Dr. Robert O. Young ha detto:

    “L’eccesso di acidificazione nell’organismo è la causa di tutte le malattie degenerative. Se succede una perturbazione dell’equilibrio e un corpo inizia a produrre e immagazzinare più acidità e rifiuti tossici di quelli che è in grado di eliminare allora le malattie si manifestano.”

    E la chemioterapia?

    La chemioterapia acidifica il corpo a tal punto che ricorre alle riserve alcaline del corpo immediatamente per neutralizzare l’acidità tale, sacrificando basi minerali (calcio, magnesio e potassio) depositati nelle ossa, denti, articolazioni, unghie e capelli.

    Per questo motivo osserviamo tali alterazioni nelle persone che ricevono questo trattamento e tra le altre cose la caduta dei capelli. Per il corpo non vuol dire nulla stare senza capelli, ma un pH acido significherebbe la morte.

    Niente di tutto questo è descritto o raccontato perché, per tutte le indicazioni, l’industria del cancro (leggi: industria farmaceutica) e la chemioterapia sono alcune delle attività più remunerative che esistano..Si parla di un giro multi-milionario e i proprietari di queste industrie non vogliono che questo sia pubblicato.

    Tutto indica che l’industria farmaceutica e l’industria alimentare sono un’unica entità e che ci sia una cospirazione in cui si aiuta l’altro al profitto.

    Più le persone sono malate, più sale il profitto dell’industria farmaceutica. E per avere molte persone malate serve molto cibo spazzatura, tanto quanto ne produce l’industria alimentare.

    Quanti di noi hanno sentito la notizia di qualcuno che ha il cancro e qualcuno dire: “… Poteva capitare a chiunque …”

    No, non poteva!

    “Che il cibo sia la tua medicina, la medicina sia il tuo cibo”.

    Ippocrate (il padre della medicina )


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